La definizione “casa passiva” deriva dal tedesco Passivhaus e sta a indicare una casa che copre la maggior parte del fabbisogno di climatizzazione interna grazie a dispositivi passivi, necessitando quindi di impianti a potenza molto ridotta. Una casa passiva ha un limitato bisogno (o addirittura nessun bisogno) di ricorrere al riscaldamento classico.
Insomma, impatto ecologico ridotto e comfort elevato grazie a un’attentissima progettazione.
Sembrerebbe un miraggio, ma ciò è possibile ed è stato realizzato.
La casa passiva è studiata appositamente per conservare al massimo il calore interno: ciò è possibile solo con ottimi materiali costruttivi e un ottimo progetto. Il bilancio energetico tende insomma al pareggio.
Gli accorgimenti su cui un progetto di questo genere lavora sono:
Le case passive sono abbastanza diffuse in Europa, anche se i progetti classici per ridurre o eliminare l’utilizzo del riscaldamento non si adattano a pennello ai climi mediterranei come quello italiano: infatti, in molte zone d’Italia è necessario prevedere anche soluzioni green per difendersi dal caldo.
La Passivhaus è stata teorizzata nel 1988 da due professori universitari, lo svedese Bo Adamson e il tedesco Wolfgang Feist. Nel 1991 si ebbe la prima messa a terra dei progetti di ricerca e fu costruito il primo edificio passivo, a Darmstadt, in Germania. L’edificio constava di quattro villette a schiera con un ridottissimo fabbisogno energetico. A quella prima opera ne seguirono molte altre nel corso degli anni ’90, in Germania, Svezia, Francia, Svizzera e Austria, e nel 2002 è stata costruita la prima Passivhaus degli States.
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