La scorsa settimana abbiamo parlato di categorie catastali, quali sono e come influenzano la tassazione e le agevolazioni. Ci siamo lasciati con una domanda: è possibile apportare modifiche per "abbandonare" una categoria catastale di lusso tramite metodi legali? Questo è il punto da cui partiremo per questo nuovo articolo.
Buona lettura!
Prima di entrare nel dettaglio, è bene iniziare dalle basi per rendere il tutto più chiaro anche ai “non addetti ai lavori”.
La rendita catastale rappresenta il reddito attribuito dall'Agenzia delle Entrate ai beni immobili, inclusi terreni e fabbricati. Questo valore è fondamentale per il calcolo di diverse imposte come l'Imu (Imposta Municipale Unica o Propria), l'Irpef e la Tari, quest'ultima nota anche come Tassa sui Rifiuti. Più alta è la rendita catastale, maggiori saranno le imposte da pagare.
È importante distinguere tra rendita catastale e valore catastale. Il valore catastale è il valore patrimoniale dell'immobile e si ottiene moltiplicando la rendita catastale rivalutata del 5% per un coefficiente specifico assegnato dal Fisco a ciascuna categoria di unità immobiliari. Ad esempio, il coefficiente per un immobile considerato “prima casa” è 110.
Coloro che possiedono immobili con rendite catastali elevate si trovano spesso a dover affrontare imposte significativamente alte. Per questo motivo, molti si chiedono se sia possibile ridurre la rendita catastale e come procedere per ottenere tale riduzione.
Sorprendentemente, la risposta è affermativa: è possibile abbassare la rendita catastale in determinate circostanze. Ciò significa che è possibile, ma non è universalmente applicabile, in quanto dipende da specifiche condizioni che giustificano una revisione del valore attribuito.
La rendita catastale di un immobile viene stabilita tramite un insieme complesso di parametri che richiede competenze specifiche per essere compreso e valutato accuratamente. Affidarsi a un tecnico professionista è quindi fondamentale per chi desidera avviare una richiesta di riduzione della rendita. Le categorie catastali, che classificano le abitazioni in base alla loro tipologia e caratteristiche, giocano un ruolo cruciale nella determinazione della rendita e sono le seguenti:
A/1: Abitazioni di tipo signorile
A/2: Abitazioni di tipo civile
A/3: Abitazioni di tipo economico
A/4: Abitazioni di tipo popolare
A/5: Abitazioni di tipo ultra-popolare
A/6: Abitazioni di tipo rurale
A/7: Villini
A/8: Ville
A/9: Castelli, palazzi di eminente prestigio
A/10: Studi e uffici privati
A/11: Abitazioni e alloggi tipici dei luoghi
Inoltre, l'ubicazione dell'immobile, sia in zone agricole che residenziali, incide sulle tariffe applicate dall'Agenzia delle Entrate. Questo implica che due immobili con caratteristiche simili ma situati in aree diverse possano avere rendite catastali differenti.
Comprendere questi elementi è essenziale per valutare la possibilità di abbassare la rendita catastale. Una valutazione precisa e informata dei parametri coinvolti permette ai proprietari di immobili di identificare se esistono le condizioni per presentare un'istanza di revisione e potenzialmente ridurre il proprio carico fiscale. Vediamo ora i casi in cui è realmente fattibile richiedere un abbassamento della categoria catastale.
Tornando alla domanda iniziale, la risposta è affermativa: esistono metodi legali con cui apportare modifiche per "abbandonare" una categoria catastale di lusso. Due primi esempi molto semplici:
Divisione dell'immobile: Un immobile di grandi dimensioni può essere diviso in più unità immobiliari. In caso di separazione o divorzio, l’immobile può essere suddiviso in due unità, ognuna con una cubatura e un numero di bagni inferiore, portando a una nuova classificazione non di lusso, generalmente A/7.
Destinazione ai figli: Un genitore può dividere l’immobile in più unità abitative per destinare una parte ai figli. Ad esempio, un immobile può essere diviso in tre unità: una per il genitore e due per i figli.
Inoltre, se l'immobile è stato erroneamente inserito in una categoria superiore, è possibile presentare una richiesta di correzione all'Agenzia delle Entrate che provvederà a disporre controlli sul luogo per verificare l’accuratezza delle risposte al questionario.
Questi primi casi riguardano errori nell’attribuzione della categoria o esigenze personali del proprietario dell’immobile, che chiaramente vanno giustificate, ma non sono direttamente legati alle caratteristiche strutturali dell'immobile. Tuttavia, esistono altre due condizioni, per le quali è possibile richiedere un abbassamento della categoria catastale.
La riduzione della rendita catastale per immobili in stato di degrado può rappresentare un significativo risparmio fiscale per i proprietari. Conoscere la rendita attuale tramite una visura catastale, che fornisce l'attribuzione per ogni immobile censito, è il primo passo per valutare la possibilità di una riduzione.
Il requisito principale per abbassare la rendita catastale è che le condizioni dell'immobile siano cambiate rispetto a quando la rendita attuale è stata calcolata. La presenza di uno stato di degrado giustifica la richiesta di una revisione della rendita catastale. Tuttavia, è cruciale che la situazione reale dell'immobile corrisponda a quella riportata nel catasto, per evitare discrepanze che potrebbero complicare la procedura. Ad esempio, una casa di campagna non abitata che ha perso valore a causa della mancanza di manutenzione, o un edificio di vecchia costruzione in condizioni non idonee all'abitabilità.
La dimostrazione del cambiamento di valore richiede competenze tecniche specifiche, per cui l'assistenza di un professionista è fondamentale. In situazioni di degrado parziale, il frazionamento dell'immobile offre una soluzione efficace, sebbene comporti dei costi. Questa strategia permette di ridistribuire il valore catastale, ottenendo due nuove rendite catastali: una molto bassa per la parte degradata e l'altra corrispondente alla nuova configurazione dell'immobile.
Rivolgersi a esperti del settore e valutare attentamente le condizioni e le possibilità disponibili consente ai proprietari di prendere decisioni informate e di sfruttare al meglio le opportunità di riduzione della rendita catastale, ottimizzando così il proprio carico fiscale.
Un'altra strategia per ridurre la rendita catastale, e di conseguenza il carico fiscale, è il cambio di destinazione d’uso dell'immobile. Questo approccio si basa sul fatto che diverse destinazioni d’uso comportano differenti rendite catastali, con immobili destinati a usi non residenziali spesso valutati più alti a causa del loro potenziale di generare maggiori redditi. Ad esempio, un immobile utilizzato come abitazione principale avrà una rendita catastale diversa rispetto a un locale commerciale, poiché quest'ultimo ha il potenziale di generare un reddito maggiore.
Tuttavia, un cambio di destinazione d’uso deve essere supportato da una modifica reale nell'utilizzo dell'immobile, non solo formale. Questo significa che non si potranno più stipulare contratti di locazione per attività commerciali se l'immobile è stato convertito, ad esempio, in magazzino, a meno che non venga richiesto nuovamente il cambio di destinazione d’uso. Una gestione accurata e la verifica della destinazione d’uso attuale tramite documenti ufficiali, come il Certificato di Agibilità o la visura catastale storica, sono fondamentali per garantire che il cambio sia legittimo e conforme alle normative.
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